In occidente siamo abituati ad associare al termine meditazione l’insieme di riflesioni che si fanno su un argomento specifico con lo scopo di metterlo a fuoco. In oriente, invece, con meditazione si intende il fermare la mente e non permettere ad alcun pensiero di increspare la sua superficie
Lo stesso termine esprime due concetti profondamente diversi tra loro che hanno anche due diversi risultati: con la meditazione occidentale noi abbiamo al massimo un allenamento al ragionamento e alla sintesi che sono due qualità assolutamente apprezzabili, ma con la meditazione orientale noi ci mettiamo in contatto con la nostra essenza, con il nostro Sé che è un’estensione dell’Assoluto, quindi meditando noi entriamo in contatto diretto con il Divino.
Questa affermazione muove sempre, in noi occidentali, un senso di blasfemia perché condizionati da una religione che ci vuole esseri infimi, imperfetti, grandi peccatori che non hanno nessun diritto a sentirsi parte di Dio.
Ma nella Bibbia è scritto che siamo fatti a Sua immagine e somiglianza… E non dimentichiamo le parole del Cristo: ” Siate perfetti come lo è il Padre mio” e ancora “io e il Padre mio siamo Uno”.
Allora ha ragione l’oriente quando afferma che noi siamo il Divino incarnato nella materia ma dimentico della propria natura.
Proviamo a pensare all’inizio di tutto: ci hanno insegnato che all’inizio c’era solo Dio, e questo sembra confermato anche nelle altre religioni; poi Dio decide di creare, ma da dove prende la materia per forgiare l’universo? Se all’inizio c’era solo Dio non poteva fare altro che modificare una parte di Se e trasformarla nell’universo. Quindi l’universo non esterno a Dio, ma in Dio. Per comprendere meglio questo concetto immaginiamo un oceano infinito di nebbia immobile, quieta in se stessa. Ad un certo punto, per un motivo imperscrutabile, si forma come un vortice in un punto qualsiasi della nebbia. Quel vortice è il nostro universo. Siccome sembra che coesistano più universi, allora immaginiamo più vortici che esistono all’interno della nebbia.
Quando noi preghiamo tendiamo ad alzare lo sguardo al cielo come se l’Assoluto fosse da qualche parte in alto. No, Lui è in ogni cosa, dal minerale all’essere umano. Lui è dentro di noi. Gesù stesso disse “non cercate il Regno dei Cieli fuori da qualche parte, ma cercatelo dentro di voi”.
C’è un aneddoto di un santo indiano che, su consiglio del suo Guru, andò da un altro Maestro per migliorare ulteriormente il suo stato di santità. Quando raggiunse il nuovo Guru lo trovò sdraiato a terra con i piedi appoggiati al Lingam (il simbolo del dio Shiva) del tempio. Un po’ come dire: andiamo in una chiesa e troviamo il prete sdraiato sull’altare con i piedi appoggiati al tabernacolo.
Immaginate la sua sorpresa di vedere il sant’uomo in una posizione così blasfema! Indignato disse al Guru di spostare subito i suoi piedi dall’immagine del Signore e di appoggiarli da un’altra parte. Il vecchio saggio si scusò, mortificato, e spostò i suoi piedi a terra, ma subito un nuovo Lingam si materializzò sotto i di essi. Allora ancora scusandosi spostò i piedi ed ecco un altro Lingam materializzarsi. Ancora, per più volte, il santo spostò i suoi piedi ma sempre un nuovo Lingam si materializzava sotto di essi.
Questi fatti lasciarono esterefatto il nuovo discepolo. Vedendolo così in confusione, il Maestro, sorridendo, gli disse che ovunque avesse appoggiato i piedi li avrebbe posati su Dio, in quanto Egli è ovunque ed in ogni cosa.
Ma torniamo alla meditazione, la domanda più comune è: com è possibile entrare in comunione col Divino fermando semplicemente la mente? Specifichiamo subito che il termine “semplicemente” è inappropriato, infatti riuscire a fermare il flusso continuo di pensieri anche solo per qualche secondo, è un’impresa colossale. Provare per credere.
La nostra mente è in continuo movimento, è la sua natura. I pensieri emergono dal nostro inconscio uno dopo l’altro, senza sosta. Sono le nostre impressioni, (Samskara) accumulate nel corso di una vita (e per più vite se prendiamo in considerazione la reincarnazione) che emergono in forma di pensieri. Se queste impressioni sono la loro causa, bisogna eliminare tutti i Samskara. Ma quanti sono i Samskara? Milioni. Quando si parla di impressioni ci si riferisce a tutto ciò che entra in noi nell’arco della giornata, attraverso i nostri sensi: vista, udito, odorato, tatto, gusto, che noi ne siamo consapevoli o no. Capite quante impressioni si accumulano nell’arco di una giornata? Moltiplicatele per gli anni che vivete…
Per capire come i pensieri interferiscono e ci impediscono di vedere chiaramente in noi, in India si usa fare l’esempio della luna riflessa sull’acqua: la luna è il nostro Sé e l’acqua è la nostra mente sulla cui superficie la luna si riflette. Se l’acqua è agitata dai nostri pensieri, la luna non può riflettersi, ci appariranno solo barbagli di luce che non possono farci capire la sua forma. Bloccando i pensieri , l’acqua si ferma ed ecco apparire la luna. Così è la mente, quando non è più disturbata dai pensieri ecco apparire il nostro Sè. Detta così potrebbe sembrare anche semplice, in verità è un’impresa assai difficile.
Per bloccare i pensieri serve un metodo collaudato. Esistono molte tecniche presenti in tutte le tradizioni esoteriche. Nello Yoga abbiamo il Kriya Yoga, il Mantra Yoga, l’uso degli Yantra. Nella tradizione esoterica cristiana esisteva la preghiera del cuore o esicasmo (oggi purtroppo sono molto pochi a praticarla). Nell’esoterismo islamico (Sufi) esiste il Mantra, ecc.
La mia opinione, avendo conosciuto e praticato diverse tecniche di meditazione, quella che fa uso del Mantra è la migliore. Abbiamo visto che il Mantra è un suono che ha origini divine, deriva direttamente dal Verbo iniziale. Esso ha la tendenza a tornare alla sua origine. Se noi agganciamo la nostra mente al Mantra, esso ci porterà con sé verso l’Origine di ogni suono. Ci farà comprendere che noi non siamo ciò che crediamo di essere, bensì siamo il Brahman, l’Assoluto.
Un’altra immagine che ci fa comprendere questo concetto è quella dell’oceano e delle sue onde: noi siamo come le onde dell’oceano che appaiono sulla sua superficie con forme e dimensioni diverse, una diversa dall’altra. Così noi pensiamo di essere entità separate dall’oceano. In verità noi ne facciamo parte, noi SIAMO quell’Oceano.
La ripetizione del Mantra ci fa entrare profondamente in noi stessi e ci porta faccia a faccia con il nostro Sé. Qui la mente si blocca e noi possiamo sperimentare una gioia che non ha una apparente motivazione. Una gioia che non è prodotta da qualche cosa di esterno ma proviene dal nostro intimo. E poi sentiamo di amare, vorremmo dire “ti amo” ma non sapiamo a chi dirlo perché è un amore che non è prodotto da uno stimolo esterno. Amiamo e basta. Sentiamo che potremmo amare una pietra o un fiore come qualsiasi altra cosa.
Il percorso non è facile ma per quanto difficile sia, la nostra vita non ha senso se non riusciamo a scoprire la nostra reale natura.
Ramakrishna,un grandissimo santo indù del secolo scorso, disse:”E’ nato invano colui che, pur avendo il raro privilegio di nascere uomo, non ha realizzato Dio in questa vita”. E’ nato invano… pensate una vita sprecata, un’opportunità persa.
Dobbiamo uscire da quello stato di torpore spirituale, dobbiamo rivendicare il nostro diritto di figli di Dio e per fare questo dobbiamo rimboccarci le maniche. Non importa l’età che abbiamo, l’importante è incominciare, metterci sul sentiero della ricerca spirituale, dell’autorealizzazione.
E’ incominciato un eriodo favorevole che ci aiuterà nell’impresa e non durerà per molto tempo ancora. Non sprechiamo questa opportunità, incominciamo a praticare la meditazione perché è una via sperimentata da millenni che ci può guidare nel nostro viaggio all’interno di noi stessi, alla scoperta del nostro Sé.
OM TAT SAT
il commento è la richiesta graZIE
grazie
Lettura piacevole, convincente, motivante! Namasté