Categorie articoli

MANTRA

In principio era il Verbo
e il Verbo era presso Dio,
anzi il Verbo era Dio …
E il Verbo divenne carne
ed abitò fra noi …
(Giovanni 1: 1,14)

Per comprendere il Mantra occorre capire i processi della Creazione dal punto di vista dello Yoga, e più precisamente del Mantra Shastra. I testiTantrici descrivono la Creazione come la materializzazione di un pensiero dell’Assoluto, il quale nasce a sua volta da un desiderio primevo.

Se noi immaginiamo il Supremo come uno specchio d’acqua immobile, possiamo paragonare questa immagine allo stato di quiete che precede la Creazione, in cui l’Assoluto riposa in se stesso. Per un motivo imperscrutabile in Lui nasce un desiderio e questo desiderio lo possiamo visualizzare come un sassolino che cade nello specchio d’acqua. La reazione a ciò è una serie di onde concentriche che dal centro si allargano fino a raggiungere i bordi estremi del laghetto. Questo movimento di espansione può corrispondere alle varie fasi della Creazione: dall’ideazione alla creazione della materia, e quindi dell’Universo.

Il Mantra Yoga Samhita (un altro testo sul Mantra) afferma che ovunque vi sia attività di qualunque genere, lì vi è una vibrazione e ovunque vi sia una vibrazione lì vi è un suono prodotto da essa.

Torniamo al Supremo nel quale nasce il desiderio primevo. Per lo Yogi questo desiderio è un’attività e quindi una vibrazione che si manifesta in, e come tale produce un suono.

Questo suono, nella sua evoluzione (o involuzione), passa attraverso quattro stati differenti: lo stato di Para, di Pashyanti, di Madhyama e diVaikhari.

Para corrisponde allo stato causale del suono, è l’inizio dell’attività volitiva dell’Assoluto. Un attimo prima Lui era l’Indifferenziato, nessuna qualità era presente. Qui emergono le tre qualità (Guna) che saranno presenti in tutta la manifestazione: Rajas, che corrisponde al principio dell’azione, del movimento; Tamas, che corrisponde al principio dell’inerzia, della staticità; Sattwa, che corrisponde al principio dell’equilibrio. In Para i tre Guna rimangono in uno stato latente, di equilibrio, nessuno dei tre prevale sugli altri.

Pashyanti corrisponde a quello stato in cui il suono si muove con un movimento generale, non particolarizzato. Qui il suono è percepibile in stati di meditazione profonda ed appare come AUM (OM). Esso non è ancora differenziato. In Pashyanti i tre Guna sono attivi e qui si manifestano gli archetipi di Creatore, Conservatore e Distruttore. Essi si fanno corrispondere al suono AUM nel modo seguente: A: Brahma il Creatore, a Lui è abbinato il Guna Sattwa. U: Vishnu il Conservatore, a Lui è abbinato il Guna Rajas. M: Rudra il Distruttore, a Lui è abbinato il Guna Tamas.

Madhyama corrisponde al suono differenziato. Qui il suono si scompone e si differenzia in altri suoni dando vita a Nome e Forma. Con Nome e Forma il Mantra Yoga Samhita intende il suono e l’immagine da esso evocata. Nome e Forma (Nama e Artha) sono inscindibili. In questo stato è come se il Supremo stesse pensando il nome e la forma dell’Universo.

Vaikhari corrisponde all’aspetto grossolano del suono, il cui effetto è la materia e quindi la Manifestazione.

Per il Mantra Yoga la Manifestazione è quindi la cristallizzazione di suoni nati da una vibrazione; ogni suono è legato alla sua forma e ogni forma al suo suono. Questo concetto ci fa capire come, per il Mantra Yoga, attraverso la vibrazione intrinseca di un particolare suono, si possano sperimentare stati di coscienza molto alti fino al risveglio della divinità (Kundalini) che risiede in noi.

I quattro stati sopra descritti esistono anche in ognuno di noi. Essi si manifestano ogni volta che parliamo, infatti se io dico la parola “albero”, perché essa possa uscire dalle mie labbra, deve nascere in me il desiderio di dire “albero”. Questo desiderio è lo stato di Para. Da qui il desiderio si muove nello stato di Pashyanti verso Madhyama dove Nama (Nome) e Artha (Forma) appaiono in forma sottile nel mio pensiero. Quando vocalizzo la parola “albero” è lo stato di Vaikhari. Il procedimento inverso avviene invece a chi ascolta la parola “albero”. Infatti osserviamo che nella nostra mente ad ogni parola che ascoltiamo, si forma un’immagine analoga, la quale si deposita nel nostro inconscio divenendo un’impressione.

In noi Para è lo stato paragonato a quello privo di sogni (Sushupti) e si manifesta in Kundalini che risiede nel Muladhara Chakra. Lo stato diPashyanti si manifesta in Manipura ChakraMadhyama corrisponde allo stato di sogno (Swapna) e si manifesta nell’Anahata ChakraVaikharicorrisponde allo stato di veglia e si manifesta nel Vishudda Chakra.

Il Mantra è spesso scambiato per preghiera, ma ciò è errato in quanto il Mantra non ha nulla di pio o di santo. Esso è potenza, è energia (Mantra Shakti) e si presta imparzialmente a qualsiasi uso. Basti pensare alla vibrazione intrinseca di un suono prodotto da una voce o da un violino che rompe un bicchiere di cristallo.

Ci sono due tipi di suono: il primo è Varnatmaka, ossia il suono articolato secondo le lettere dell’alfabeto. Con esse si producono frasi comprensibili che hanno un effetto: se chiedo al verduraio un pomodoro, mi verrà dato un pomodoro. Il secondo è Dwanyatmaka, ossia il suono prodotto dal cozzo di due oggetti, per esempio il battito delle mani. Questo suono non ha significato.

Il Mantra è sempre del tipo Varnatmaka.

La parola Mantra è composta dalle sillabe: MAN (Manas = mente) che significa pensare. Nello Yoga il pensiero è considerato una potenza. Si dice che il pensiero sia più reale degli oggetti in quanto questi sono il prodotto del pensiero dell’Assoluto. TRA: (Traya = tre) rappresenta i tre livelli di coscienza: Conscio. Inconscio, Superconscio. Quindi la parola Mantra significa l’azione del potere del pensiero sui tre livelli di coscienza. Un altro significato di Mantra è: “ciò che salva (Trayati) la mente (Manas)”.

Esistono diversi tipi di Mantra, alcuni sono solo delle sillabe (Mantra Bija), altri sono composti da alcune parole, ed altri ancora sono frasi più o meno lunghe. Esistono tre modi di pronunciare il MantraVaikhari quando lo recitiamo a voce alta, Upanshu quando lo recitiamo a voce bassissima, Manasika quando lo recitiamo mentalmente.

Il Mantra è sempre in lingua Sanskrita o Devanagari (lingua degli Dei) perché gli antichi Rishi (veggenti vissuti in India parecchie migliaia di anni orsono), entrando in meditazione, udirono i suoni che, nello stato di Madhyama, si dividono in 50 suoni differenti. Questi Rishi tradussero i suoni uditi nelle 50 lettere (Matrika) dell’alfabeto Sanskrito.

Il Mantra è sempre rivelato dal Maestro al discepolo ed è come una piantina appena nata che il discepolo riceve e che dovrà innaffiare, con la sua costante ripetizione, finché non diventerà un albero con tutti i suoi frutti. Esistono però dei Mantra, come il Gayatri Mantra, il Maha Mrityunjayar MantraShiva Mantra ed altri ancora che sono conosciuti da tutti i praticanti di Yoga. Essi hanno la particolarità di essere positivi, donano energia e benessere e, quindi, chiunque può ripeterli senza incorrere in problemi.

A questo punto è legittimo chiedersi: “problemi? perché incorrere in problemi?” E’ semplice: ogni affermazione o frase che noi ripetiamo, memorizziamo e manteniamo nel nostro profondo è una sorte di Mantra. Se noi ripetiamo un pensiero di rabbia o di odio per un’altra persona, diventa una forma-pensiero tenebrosa, un Mantra Tamasico. Se noi ripetiamo i nostri desideri di successo materiale, essi diventano una forma-pensiero che disturba, un Mantra Rajasico. Questi mantra non aiutano la mente a liberarsi dai condizionamenti, ad espandersi, bensì ne mantengono le caratteristiche di ignoranza e di agitazione. Per guarire veramente la mente, sono necessari i mantra Sattwici, i quali aiutano a dissolvere l’ego e promuovono così l’autocoscienza. Questi mantra nascono nell’amore e nella ricerca della saggezza.

Ecco perché è molto importante scegliere attentamente un maestro quando si decide di intraprendere la via dello Yoga. E’ detto che un Maestronon è possibile giudicarlo in quanto non ha schemi, per cui il suo comportamento può sembrarci, a dir poco, bizzarro. Esiste però un modo per capire se un maestro è un buon maestro, ed è quello di osservare i suoi allievi, o se ne ha, i suoi discepoli. Infatti se essi agiranno in ogni circostanza nel modo migliore, il maestro sarà valido, ma se noi vediamo in essi orgoglio, presunzione, incomprensione verso gli altri, ecc. allora non ci siamo, è meglio cercare altrove. E’ bene osservare anche la catena di maestri (Paramparaya) che sta alle spalle del maestro al quale ci siamo rivolti. Questa ci fa comprendere se lo Yoga che andiamo ad imparare, è uno Yoga incontaminato da correnti moderne non sempre valide.

I commenti sono chiusi.

N.B.: Qualunque informazione fornita su questo sito NON COSTITUISCONO un consulto medico. Il contenuto del sito è PURAMENTE A CARATTERE INFORMATIVO. Le informazioni contenute in questo sito sono rivolte a persone maggiorenni e in buono stato generale di salute. L'UTENTE utilizzerà pertanto questo sito sotto la Sua unica ed esclusiva responsabilità. In nessun caso lo staff che collabora al sito, potrà essere ritenuto responsabile di eventuali danni sia diretti che indiretti, o da problemi causati dall'utilizzo delle summenzionate informazioni. Per qualsiasi decisione riguardante il vostro stato di salute rivolgetevi al vostro medico di medicina generale o specialista adeguato alla problematica in atto.